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Cita questo articolo come: Pasqualetto, Marta. 2019. «Terremoto culturale: la vicinanza di un passato lontano». Humanities for Change (blog), 18 ottobre 2019. https://bembus.org/2019/10/18/terremoto-culturale-la-vicinanza-di-un-passato-lontano/.

It would be no overstatement to say that the earthquakes that tore through Assisi and large parts of central Italy during the night of September 26, 1997, sent waves of shocks and dismay around the world.

Harry S. Parker IIIThe treasury of saint Francis of Assisi. Catalogo della mostra, Milano, Mondadori, 1999, p. 5

Il terremoto che nel 1997 interessò le regioni dell’Italia centrale provocò danni in quarantotto comuni tra Umbria e Marche. Particolarmente colpito fu il patrimonio storico-artistico, che subì gravi perdite; nel complesso francescano di Assisi si registrò il crollo irreparabile degli affreschi e delle vetrate della basilica superiore. La fama di questo luogo e l’unicità del patrimonio fino ad allora conservato portarono pellegrini provenienti da ogni parte del mondo, delle più disparate appartenenze linguistiche, etniche e religiose a recare la propria solidarietà a quei luoghi inguaribilmente feriti, il cui restauro richiese grandi investimenti.

Frescoes in Assisi

La necessità di sottolineare l’importanza della salvaguardia dei beni culturali è solo uno dei motivi che ha spinto alla creazione di una virtuosa collaborazione tra il Metropolitan Museum of Art, il Sacro Convento di San Francesco di Assisi, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Biblioteca Apostolica Vaticana che portò alla realizzazione della mostra The Treasury of Saint Francis of Assisi nel 1999.

L’esposizione comprendeva una sessantina di opere d’arte provenienti dalla collezione della Basilica di San Francesco, tra cui oggetti d’uso e di devozione, dipinti, sculture, e manoscritti miniati, florilegio del delicato processo che porta allo sbocciare dell’arte rinascimentale attraverso il mirabile operato di autori quali Lorenzo Monaco, Cimabue, Giotto. Questa rivoluzione culturale e spirituale non solo per Assisi e l’Italia, ma che appartiene all’intera umanità, si espresse attraverso una produzione artistica pregna di spiritualità, che ancora oggi conserva vitale il messaggio di profondo rinnovamento di San Francesco.

Beni culturali: organi vestigiali?

Come il terremoto che ha sconquassato Assisi ha fatto tremare tutto il mondo, così questa mostra si propose di divenire epicentro per la diffusione di un nuovo valore: il tempo non può erodere e la terra non può inghiottire la memoria dell’umanità, la sua traccia culturale. Questo organismo ha la possibilità, dunque, di pulsare ancora: ma davvero è così? Questa fulminea fibrillazione permette al mondo contemporaneo di riportare in vita e affiancare nella quotidianità orizzontale una profonda verticalità di un passato che ne è parte in quanto evoluzione e perciò organo vivo? Attraverso la carnificazione delle immagini operata da Cimabue e Giotto, che rivestono finalmente di tiepida materia le ieratiche sagome medievali, può forse l’uomo contemporaneo riconoscere le vestigia di quell’uomo medievale di cui è diretto erede e consanguineo? Il curioso profilo dell’uomo contemporaneo comprende dunque una doppia natura, che da un lato lo porta a lasciar inselvatichire i siti culturali e dall’altro se ne preoccupa accoratamente nel momento in cui balugina la possibilità che gli vengano sottratti per sempre.

Libri, pezzi da museo

It is a great privilege to present this spectacular survey of artistic riches from the Treasury of Saint Francis to American audiences. The exhibition offers a unique opportunity to see — outside of Assisi — the development of the Franciscan style of painting in the 13th century, one of the seminal moments in the history of Western art. By sharing these treasures with the world in the wake of the catastrophic earthquakes, this exhibition underscores the need to preserve all aspects of our artistic legacy.

Philippe de MontebelloDirector of the Metropolitan Museum
Manuscript

Insieme a espressioni artistiche di vario genere, sono approdati al MET anche 12 manoscritti miniati provenienti prevalentemente dal Museo della Basilica e dalla Biblioteca Conventuale di Assisi. Il trasporto di questi codici non è agevole né economico, come la loro conservazione. Nonostante questo, essi hanno fatto la loro comparsa, non solo offerti a sguardi di studiosi o appassionati, ma presentati come patrimonio comune del genere umano. Ma la ragione della loro presenza in tale contingenza rispecchia la reale necessità di un approccio al manoscritto in quanto testimonianza straordinaria della cultura medievale o soddisfa un’esigenza di completezza, per cui si è scelto di dare rappresentanza a tutte le categorie artistiche tipiche del medioevo italiano? Se così fosse, l’oggetto-libro, protagonista della diffusione della letteratura e della cultura sin dalla sua invenzione, troverebbe in questo ruolo la prefigurazione dell’epilogo della crisi in cui l’era digitale l’ha gettato. Il manoscritto medievale è un oggetto che incarna cultura, ricchezza e istruzione ed esso, prima nella forma del volume e successivamente in quella di codice, è stato per secoli l’unico veicolo del sapere. Lo sguardo del fruitore odierno indugia su quello che gli specialisti chiamano “mero supporto”, come se il sisma del 1997 fosse stata la scossa di un setaccio che ha portato sotto gli occhi di tutti gli oggetti, pure di valore materiale inestimabile, lasciando scivolare nel grembo tellurico la memoria della vitalità culturale e rivoluzionaria che nei secoli successivi al Mille gli era propria.

Il nostro approccio come uomini contemporanei a un dipinto, a un arazzo, a un manoscritto, si può esaurire nel contatto visivo con il significante ignorando (deliberatamente o meno) il suo significato? Possiamo permetterci di considerare con tale alterità il frutto della mente, della passione e della tecnica della nostra specie?

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