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Cita questo articolo come: Bartuccio, Angelo. 2019. «Parlare di arte nell’era social». Humanities for Change (blog), 6 dicembre 2019. https://bembus.org/2019/12/06/parlare-di-arte-nellera-social/.

Cosa immagini se pensi a uno storico dell’arte? Probabilmente, molti confonderanno questa professione con quella della guida turistica, mentre altri immagineranno una persona in estasi dentro un museo o sommersa da pile di antichi volumi all’interno di un archivio. Effettivamente, l’immagine non è del tutto errata (tranne quella che lo associa a una guida turistica), ma servirà sapere che come tutte le professioni, con l’avvento dell’era digitale, anche quella dello storico dell’arte si è evoluta e, parafrasando una celebre espressione leopardiana, abbandonate le “sudate carte”, anch’egli è passato alle “sudate tastiere”.

Infatti, le professioni umanistiche, che erroneamente da sempre sono ritenute tra le più rigide rispetto ai mutamenti delle epoche, sono quelle che sembrano aver trovato maggior linfa vitale nell’avvento di internet e dei social network. Il nuovo mezzo di comunicazione digitale ha permesso alla storia dell’arte di riemergere dai polverosi palazzi e di rivolgersi ad un pubblico più vasto e differenziato, ma non per questo meno interessato alla tematica artistica. A dirla tutta, infatti l’esperienza, della storia dell’arte sul web potrebbe essere vista anche come una missione rieducativa del pubblico sulla buona maniera di parlare d’arte.

L’arte sui social: alcuni numeri

Leggendo l’Online Art Trade Report 2019 stilato da Hiscox, uno studio che si occupa di valutare l’impatto del web sul mondo dell’arte e nello specifico sul mercato di quest’ultima, si viene a conoscenza di come il pubblico online sia particolarmente propenso, con un incredibile tasso di crescita annuo, a trattare di arte attraverso i social network. Il report è formulato sui dati relativi al mercato artistico, ma pensando a quest’ultimo come a un secondo stadio rispetto al coinvolgimento generale, ecco che i dati di Hiscox possono essere letti anche ai fini dell’interesse pubblico alla tematica artistica divulgata tramite il web. Il dato più significativo, che unisce l’interesse generale a quello della vendita dell’opera, riguarda quell’80% di compratori che usa i social, nello specifico Instagram, per rintracciare nuovi artisti.

Se il rapporto Hiscox riferisce sulle relazioni social tra i privati e il mercato dell’arte, un recente studio dell’Osservatorio del Politecnico di Milano ha analizzato la presenza social dei musei italiani, evidenziando da una parte una lenta ma costante crescita dell’utilizzo dei social da parte delle istituzioni museali (in Italia il 18% dei musei utilizza Facebook, Instagram o Twitter, ma il 43% non ha nessun profilo social ufficiale di riferimento), dall’altra la mancanza della giusta professionalità al fine di ottenere un piano di innovazione digitale atto al piazzamento sul web dell’istituzione museale (in Italia solo 4 su 10 musei ne hanno uno).

Instagram screenshot

La divulgazione artistica tramite blog

Dopo l’artista social o il museo online, vi è una terza categoria che anima la rete digitale nel campo della divulgazione artistica, ovvero quella dei giornali online o blog. Nel primo caso si tratta di vere e proprie testate giornalistiche che si occupano di promuovere l’arte dando contestualmente una visione sul mondo culturale ad ampio spettro, parlando spesso delle politiche culturali dei governi, delle possibilità lavorative nel mondo della cultura o offrendo informazioni sui visitatori dei musei e sullo stato di conservazione di una determinata opera o collezione. Poi ci sono i blogger, genericamente professionisti del settore culturale, che mettono parte del proprio tempo e delle proprie conoscenze al servizio – direi quasi “missionario” – dell’arte sul web. Alcuni, dopo aver cominciato per gioco, ora svolgono in modo professionale questo lavoro, mentre altri si trovano ancora in una fase meno impegnata.

In generale, dopo l’apertura di un blog di divulgazione storico-artistica, occorre fare i conti con il pubblico. In questi casi diventa assolutamente necessario fare una scelta di target, ad esempio presentando il blog come una proposta di promozione specializzata. Data la tipologia di pubblico selezionato, in alcuni casi i risultati possono essere molto lenti ad arrivare, ma denotano senz’altro la possibilità di utilizzare il web in un modo assai positivo, attirando lettori da tutti i continenti e con i più svariati interessi: studenti, collezionisti, artigiani, artisti, ma soprattutto gente che magari non ha una professione legata al mondo dell’arte, eppure ha deciso di approfondirne le tematiche. Inoltre, mentre le più importanti riviste scientifiche del settore sono volutamente rivolte ad un pubblico altamente specializzato, e da esso fruite, la proposta dei blog risulta più democratica. Inoltre, il blog infrange il divario tra il lettore e l’informazione: una volta eliminato il filtro di ieratica solennità della grande e costosa rivista scientifica, esso finisce per rappresentare una possibilità più popolare, benché qualitativamente non meno valida, per poter fruire del mondo dell’arte.

Instagram screenshot

Quali prospettive e quali limiti per la divulgazione artistica digitale

Ovviamente non è tutto oro quel che luccica, infatti il web e i social network sono un enorme contenitore di informazione spesso di basso spessore culturale. Per questo le pagine che propongono una corretta e qualitativamente elevata informazione culturale, e nella fattispecie artistica, non hanno la stessa quantità di followers di pagine certamente più frivole: da qui emerge quel senso quasi “missionario” della divulgazione artistica sui social di cui si parlava prima. La missione in questione è quella di creare un’ampia zona di matrice culturale nel mondo dei social network, affinché le arti possano usare questi mezzi per quello che sono veramente, cioè possibilità di raggiungimento di un pubblico, praticamente sconfinato, in ogni angolo del mondo.

Inoltre, non si deve fare confusione tra la divulgazione storico-artistica operata tramite blog, testate giornalistiche online o siti di approfondimento, e la fruizione digitale delle opere. Personalmente aborrisco le mostre digitali, in quanto ritengo opportuno e doveroso il contatto fisico con l’opera, con le pennellate materiche di colore o i colpi di scalpello sul marmo. L’educazione artistica digitale dovrebbe servire a parlare di arte e a spingere il pubblico al ripopolamento del museo fisico e tradizionale. Insomma, il digitale, il web, gli strumenti online, nella trattazione artistica, dovrebbero rappresentare un ponte generazionale tra i modi di parlare d’arte e non un’isola temporale staccata dal proprio passato.

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